lunedì 12 ottobre 2015

ATTENTATO ALLA PACE

Terrore e desolazione. Queste le immagini che l'attentato al corteo per la pace di Ankara lascia impresse negli occhi. La marcia per il cessate il fuoco contro i curdi del PKK non è stata, fin dal principio, ben voluta dal governo di Erdogan. L'attentato, che le fonti governative continuano ad attribuire allo Stato Islamico, sembra invece avere connotati di una tremenda azione repressiva. Una maledetta strategia della tensione che trova ormai nel IS il suo capro espiatorio naturale. Qual'è dunque la differenza tra Erdogan ed Assad? Entrambi tengono in pugno un paese ricorrendo alla forza; l'uno combatte la pace per mantenere il controllo sotto l'egida NATO, l'altro, inviso ormai agli atlantici, si affida a Putin per i medesimi scopi.
Un classico gioco della forza tra blocchi di potere che, però, continua a mietere vittime innocenti. Sono 128 i caduti nella strage di Ankara (95 secondo le fonti governative) assieme agli oltre 500 feriti. Numeri da conflitto, atroci, fatti di persone scese in piazza per protestare, in pace, contro la guerra. Un messaggio di fratellanza spazzato via dai due ordigni assieme ad ogni stralcio di democrazia. Si, perché scendendo in piazza e lasciandovi la vita il popolo turco ha dimostrato che la volontà di pace c'è e se insieme ad essa ci fosse anche democrazia allora il primo, importante, segnale di distensione in medio oriente sarebbe già realtà. Ma, finché territori sovrani saranno il teatro di scontri geopolitici, gli innocenti continueranno a cadere e la pace resterà sulle bandiere assieme al loro sangue.

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