Terrore e desolazione. Queste le immagini che l'attentato al corteo per
la pace di Ankara lascia impresse negli occhi. La marcia per il cessate
il fuoco contro i curdi del PKK non è stata, fin dal principio, ben
voluta dal governo di Erdogan. L'attentato, che le fonti governative
continuano ad attribuire allo Stato Islamico, sembra invece avere
connotati di una tremenda azione repressiva. Una maledetta strategia
della tensione che trova ormai nel IS il suo capro espiatorio naturale.
Qual'è dunque la differenza tra Erdogan ed Assad? Entrambi tengono in
pugno un paese ricorrendo alla forza; l'uno combatte la pace per
mantenere il controllo sotto l'egida NATO, l'altro, inviso ormai agli
atlantici, si affida a Putin per i medesimi scopi.
Un classico gioco della forza tra blocchi di potere che, però, continua
a mietere vittime innocenti.
Sono 128 i caduti nella strage di Ankara (95 secondo le fonti
governative) assieme agli oltre 500 feriti. Numeri da conflitto, atroci,
fatti di persone scese in piazza per protestare, in pace, contro la
guerra.
Un messaggio di fratellanza spazzato via dai due ordigni assieme ad ogni
stralcio di democrazia.
Si, perché scendendo in piazza e lasciandovi la vita il popolo turco ha
dimostrato che la volontà di pace c'è e se insieme ad essa ci fosse
anche democrazia allora il primo, importante, segnale di distensione in
medio oriente sarebbe già realtà.
Ma, finché territori sovrani saranno il teatro di scontri geopolitici,
gli innocenti continueranno a cadere e la pace resterà sulle bandiere
assieme al loro sangue.
lunedì 12 ottobre 2015
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