giovedì 29 agosto 2013

Povertà alla moda

Una recente vignetta di Altan ci rappresenta una coppia formata da un signore borghese che dichiara candidamente che la povertà va, senza ombra di dubbio, di moda e un barbone, accovacciato ai suoi piedi, che si propone, più o meno ingenuamente, come consulente d’immagine. Ora, é evidente il sarcasmo, o se volete la tragicità, che percorre in tutta la sua larghezza questa immagine. Perchè, consapevoli dell’esistenza di un capitalismo arrogante e prepotente, i cd privilegiati, che sono sempre di meno, resettano le proprie coscienze, elogiando ipocritamente lo status quo dei poveri, che sono sempre di più, come se questo fosse voluto e cercato. Certo è che, di fronte ad una ricchezza esibita e aggressiva, pressati dai mass media che, come martelli pneumatici, consigliano merci da acquistare e propongono modelli, per nulla valoriali, da imitare, c’é chi sogna una vita più semplice e ordinaria, una piccola casa con un orticello da coltivare, riparandosi e riposandosi in un’oasi tranquilla, lontano dai ritmi frenetici e dalla competitività che dilagano nella società contemporanea. Una società che ci presenta, come esempi da seguire, personaggi potenti, ricchi, di successo, che si travestono da poveri, fingendo di curarsi dei veri poveri, reclamizzando consumi più etici e sostenendo demagogicamente di volersi impegnare per realizzare una società più giusta e solidale. In realtà, la ricchezza continua a stare solo da una parte e la povertà solo da un'altra, in vasi assolutamente non comunicanti tra di loro. E che questo corrisponda a verità ci viene inesorabilmente rappresentato da recenti dati statistici, che non riguardano solo l’Italia, ma purtroppo il mondo intero. La ricerca smodata del profitto, anche a costo della perdita di vite umane, la globalizzazione senza regole, la finanza speculativa, un’economia capitalistica e consumistica che discrimina, emargina ed esclude, continueranno a macellare i veri poveri che non hanno scelto, ma devono subire, la povertà, senza prospettive di miglioramento e vie d’uscita.

mercoledì 28 agosto 2013

Normalità e femminicidio

Recentemente, come noto, una legge sul femminicidio ha inasprito le pene per chi usa violenza verso le donne, sia essa fisica che psicologica. Benchè si tratti di una violenza purtroppo mondiale e trasversale alle varie nazioni, presente in ogni classe sociale, è nei contesti degradati che si manifesta con maggiore intensità. Tant’è che il termine “femminicidio” è stato coniato in un’area particolarmente sottosviluppata, con riferimento cioè alle stragi di donne che avvengono nel confine tra Messico e Stati Uniti, e successivamente utilizzato anche in altri ambiti diversi tra loro. Tralasciando di entrare nel merito della incisività e dell’efficacia delle norme che disciplinano questo fenomeno e volendo trattarlo, più che altro, a livello culturale, non possiamo ritenere accettabile la giustificazione che spesso viene data a questi atti così aberranti, qualificandoli come “crimini passionali”, dovuti cioè all’amore di uomini malati oppure alla malattia di uomini innamorati e relegandoli, in definitiva, ai due concetti, spesse combinati tra loro, di amore e di malattia. Il risultato è di banalizzare o sottacere, in buona o in mala fede a seconda dei casi, la causa effettiva che in Italia, da inizio anno, ha provocato la morte di oltre 80 donne. Causa che va invece ricercata in una cultura maschile, retrograda e ipocritamente celata, che considera inaccettabile il controllo da parte delle donne della propria sessualità. Ergo, la donna, per molti uomini, non può essere libera di scegliere, di vivere, di amare. Il femminicidio è soltanto la conseguenza logica di rapporti diseguali tra uomini e donne, che produce questa stessa violenza e che solo una conversione culturale e sociale imponente può modificare. Una conversione radicale che può rendere una donna libera, come tutte le donne devono essere.

domenica 25 agosto 2013

Figli di nessuno

Leggevo affranto, ma anche con grande disappunto, l’ennesima vicenda di uno dei tanti nostri giovani talenti, emblema di una generazione sempre più disorientata e delusa, a cui abbiamo distrutto desideri e aspettative e, quel che è peggio, la speranza. Emigrare é strada obbligata per chi non vuole perdere definitivamente la propria dignità, per chi è costretto a svegliarsi tardi per non pensare, per chi avverte fortemente la sensazione di non poter sperare in un futuro migliore perché figlio di nessuno. Amare considerazioni che feriscono anche padri e madri, che sentono che quel “nessuno” è rivolto a loro, impossibilitati a reagire in qualche modo, anch’essi vittime di una società che bandisce meriti e capacità, per premiare ciucci e incompetenti, purchè raccomandati. Il palazzo assume le sembianze di una irrangiungibile gabbia dorata, matrigna di fronte alle urla disperate di chi vorrebbe entrare, ma è impossibilitato a farlo, ma madre affettuosa per chi, privilegiato, è già dentro e non vorrebbe mai uscire. Meschini e ipocriti, inneggiano, con viltà e demagogia, alla nostra Costituzione, che sono poi i primi a disattendere. “Potere ingannare tutti per qualche tempo o alcuni per tutto il tempo – osservò acutamente Abraham Lincoln – ma non potete prendere per il naso tutti per tutto il tempo”.

sabato 24 agosto 2013

Metamorfosi di un'emozione

Mi sono permesso di mutuare il titolo di un libro edito da Feltrinelli, che analizza storicamente la metamorfosi della vergogna, fornendoci una radiografia ragionata di un sentimento che ha assunto, col tempo, un ruolo e un profilo che consentono di illuminare il funzionamento della nostra società, dal senso comune ai comportamenti, dai valori dominanti alle regole non scritte. Oggi la vergogna non si nasconde, si esibisce, è mostrata in pubblico, potremmo dire che è fuori moda. La vergogna contemporanea é una vergogna autoreferenziale, del fai da te, relativa più all'inadeguatezza della prestazione che all'indegnità dell'azione. Sembra scaturire più dall'incapacità ad ottenere l'indipendenza, la notorietà, il successo, il potere. Ne consegue che la povertà è vergognosa fino a spingere al suicidio, ma la corruzione politica no, perché così fan tutti. Nel momento in cui ognuno si sente autorizzato a darsi proprie regole e proprie norme, anche sentimenti come l'onore e la vergogna perdono un riferimento esterno e valido per tutti. Insomma, si potrebbe dire che la vergogna assurge ad un sentimento ad personam e, se legata al mancato rispetto delle regole morali, viene bandita e accusata di moralismo. Con questo breve scritto volevo forse fare riferimento alla sfacciataggine della nostra classe politica? O magari alla vergognosa richiesta di impunità di un condannato? Ma no! Volevo semplicemente trovare lo spunto per riportare una frase di Martin Luther King:"Qualunque cosa mi succeda, non voglio essere ricordato per il Nobel e per tutti gli altri riconoscimenti, ma soltanto per aver cercato di fare del bene alla gente". Ergo, bisognerebbe vergognarsi di non aver fatto tutto il possibile, in base alle possibilità di ciascuno, per migliorare la società, perseguendo il bene collettivo e l'interesse comune. Riflettete, cari politici, riflettete!

venerdì 23 agosto 2013

Bestiari antichi e moderni

Un genere letterario tipico del medioevo è il bestiario, che mira a trattare gli animali come esseri che partecipano alla vita vera delle persone, caratteristica di una società a bassa tecnologia. I bestiari diventano così una componente importante della cultura medioevale, che li studia e li classifica. Tuttavia, la loro osservazione era già diffusa nel mondo greco-romano, soprattutto nel periodo aristotelico, e successivamente nella letteratura favolistica. Ma la presenza delle bestie risale sin all’inizio del mondo, allorchè vennero create da Dio nel quinto e sesto giorno, assieme agli esseri umani, tant’è che nella Bibbia la presenza degli animali è particolarmente diffusa. Nel corso dei secoli, ne vennero individuate la natura e la specie, per cui si distinsero i quadrupedi selvatici da quelli domestici, gli uccelli dai pesci, i serpenti dai vermi. Ai giorni nostri, ulteriori studi ci hanno consentito di affiancare alle bestie dell’età antica e medioevale anche altre bestie, tipiche dell’età contemporanea, che si sono talmente evolute, da risultarne alquanto difficoltosa una distinzione con l’essere umano. E, con sorpresa, ci accorgiamo che esistono iene, corvi, bisce, vipere, squali, volpi, asini, gazze, porci, sanguisughe, caimani, pitoni, pipistrelli, e via dicendo, senza distinzione di genere e di età. Quanto ci invidierebbe Esopo!

mercoledì 21 agosto 2013

La buona novella

Stiamo correndo un serio pericolo di guerra civile! Confidiamo che la Giunta non si trasformi in un plotone di esecuzione! Considerazioni che preoccupano e che riteniamo tipiche di paesi africani, dove infuriano diverse e ostili fazioni, ovvero di sistemi dittatoriali, la cui sopravvivenza viene continuamente messa in pericolo da rivoltosi armati fino ai denti. Potremmo anche pensare, nella nostra ingenuità, che ci si riferisca a guerre intestine e fratricide come quelle che stanno insanguinando le strade dell’Egitto o della Siria. Niente di tutto questo. Siamo semplicemente in Italia. E le frasi di cui sopra sono state pronunciate da illustri e rispettabili esponenti del PDL, a commento della nota richiesta di impunità (pardon immunità) del loro sommo sacerdote, che come noto è stato condannato definitivamente a 4 anni di carcere per un reato gravissimo quale quello di frode fiscale. Ma la buona novella é proprio questa! Visto che, si dice, tutti siamo uguali di fronte alla legge, se qualcuno dovesse rimanere impunito per frode fiscale, a maggior ragione, lo speriamo, dovranno essere tutelati i semplici e onesti evasori, e magari anche qualche corruttore o concusso, che, con buona pace del Governo Letta, potranno festeggiare il lieto evento, gozzovigliando felici e contenti a base di ostriche e champagne, prodotti che, come noto, vengono consumati frequentemente nel mondo dei disoccupati.

domenica 18 agosto 2013

Fauni e fauna

Dalla mitologia romana, apprendiamo che la divinità della natura, e precisamente la divinità della campagna e dei boschi, era conosciuta comunemente con il nome di "fauno". Tuttavia si trattava di una divinità il cui aspetto era si dalle forme umane, ma con piedi e corna di capra. Figura emblematica, nonché inquietante,tipica di molti nostri politici, che si ergono a divinità storiche (nel senso che sono incollati da tempi biblici alle loro poltrone)e si pongono su piedistalli dorati, da cui dominano i "comuni" esseri umani, che poi saremmo tutti noi. In realtà poi, ad un occhio attento e obiettivo, non sfugge la vera sostanza delle cose, per cui i fauni si trasformano in fauna, non solo caprina, ma anche ovina, suina, bovina, e via dicendo. Non mancano i paperini, le ochette e le gazze ladre. C'é poi chi, non volendo confonderlo con la massa, é stato onorato nel tempo di appellativi personalizzati, come il caimano o lo squalo, e addirittura un intero partito con l'asinello, senza dimenticare poi i falchi e le colombe. Non mancano i felini, ancorché la maggioranza appartengano alla razza dei cani, da non confondersi con i cani di razza, senza alcuna offesa per i cani. Tale genere di animali si contraddistingue per la fedeltà più assoluta al proprio padrone, al limite quasi del masochismo, e per il continuo abbaiare, più simile al raglio, con cui si scagliano quotidianamente contro chi é geneticamente diverso da loro, sia per il colore della pelle che per interessi sessuali, tanto per citarne soltanto alcuni. Il ricordo di Lucignolo, nel paese dei balocchi, è talmente vivido nella mente, che sembra trasformarsi in una fantastica realtà.

lunedì 12 agosto 2013

Eppur si muove

Lo scetticismo da noi più volte manifestato sull’attività del Governo Letta e sulle concrete riforme messe  finora in atto dalla maggioranza è stato leggermente, e fortunatamente, temperato dalle recenti decisioni assunte dal Parlamento su alcuni articoli previsti nel Decreto del NON Fare. Non che questo ci conforti più di tanto, considerando peraltro che non sono state affrontati argomenti prioritari come l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, però, come si dice, meglio di niente. Rimandi, aggiornamenti, posticipi sono comunque e sempre all’ordine del giorno. Sappiamo infatti che la nostra laboriosa classe politica chiuderà le aule parlamentari per un lungo e meritato periodo di riposo, dopo aver letteralmente sudato sangue per farci uscire da questa grave recessione, per riprendere poi lavori a settembre, sulle macerie di quello che rimarrà dell’Italia.

Cerchiamo comunque di non farci mai mancare l’ottimismo e al grido galileiano “eppur si muove” salutiamo entusiastici e con battito di mani le abbuffate balneari dei nostri vacanzieri.

venerdì 9 agosto 2013

Masaniello

Come prevedibile, la sentenza di condanna del Cavaliere ha suscitato le dure reazioni dei suoi discepoli, anch'essi, come il loro capo, decisi a scendere in campo per difendere il loro leader. Non si comprende bene se questa presa di posizione sia conseguente ad un irrefrenabile innamoramento ovvero nasca dalla consapevolezza, reale e concreta, che, caduto Sansone, cadano poi tutti i filistei. Ma questa è un'altra storia. Ciò che invece crea disagio, per voler usare un eufemismo, sono le dichiarazioni di qualcuno, novello Masaniello, che, probabilmente in preda ai fumi dell'alcol, ha paventato addirittura il ricorso alla guerra civile, qualora non si trovi una soluzione accettabile (quella che pensa lui) alla vicenda Mediaset. Masaniello fece una brutta fine: fu accusato di pazzia dai suoi stessi compagni rivoltosi.

Io son nero più di te, tu sei bianco più di me

La dolce ninna nanna, intonata a un piccolo di colore dal grande Alberto Sordi, convinto razzista, ma poi ricredutosi per il timore di subire una dura condanna nel Giudizio Universale, nell’omonimo film, ricorda gli eccelsi politici della Lega Nord che,  orfani di corteccia cerebrale e di proposte politiche,  cercano di attirare l’attenzione dei mass media, preoccupandosi, non di suggerire soluzioni ai problemi del Paese, ma  del colore della pelle della nostra ministra Kyenge.  Problema serio e di fondamentale importanza. Tant’è che si è trasformato in un tormentone infinito, una storia che si trascina noiosamente da tempo e che immaginiamo occupi un posto preminente negli scarni  ordini del giorno delle riunioni leghiste di queste serate estive. Ciò che manca ai nostri non fa però difetto alla signora che, evitando di cadere nelle continue provocazioni , riesce a rispondere pacatamente, con ironia e sagacia. Riusciranno i nostri eroi a ricredersi o anche qui dobbiamo sperare in un altro Giudizio Universale? 

martedì 6 agosto 2013

Eutanasia economica

Come noto, nell’antichità era consuetudine sopprimere tutti coloro che potevano risultare un peso economico per la società, come ad esempio i bambini con difetti fisici o gli anziani.  Benché in greco, il termine eutanasia stia a significare una “buona morte”, sempre di morte però si tratta.
Ebbene, ciò che, ormai da tempo, si sta purtroppo verificando da noi è una lenta e inesorabile distruzione del “sistema Italia”, una lenta e inesorabile “eutanasia economica”, con la differenza, rispetto al passato, che alla “buona morte” delle persone si sostituisce la “buona morte” dello sviluppo produttivo del Paese.
Soltanto Letta, e pochi altri come lui, crede infatti che il suo Governo non sia stato completamente passivo, ma che con il Decreto del Non Fare abbia già dato un contributo importante per risolvere la grave situazione italiana, nonostante che  una media intelligenza si renda immediatamente conto dell’ immobilismo sconfortante dell’attuale maggioranza, preoccupata soltanto di trovare una soluzione per garantire l’agibilità politica del Cavaliere, o forse dell’ex Cavaliere.
Nel frattempo le aziende chiudono o espatriano, i nostri migliori talenti cercano fortuna all’estero, laddove  esiste ancora un barlume di meritocrazia, la disoccupazione giovanile aumenta così come il debito pubblico, etc etc (per non infierire). Siamo talmente rassegnati al perdurare di questo stato delle cose che abbiamo mandato ormai in letargo il nostro senso di indignazione.

In compenso, possiamo vantarci di essere il Paese più corrotto d’Europa, secondi solo alla Grecia.    

venerdì 2 agosto 2013

Icarus docet

La sentenza definitiva con cui il Cavaliere è stato condannato a quattro anni di carcere, senza volere entrare nel merito delle conclusioni che ognuno può trarne, ha senza dubbio alcuno chiuso un'era, aprendone subito dopo un'altra. Dopo il lungo tormentone dell'estate, che ci ha distratti dai reali problemi che sta vivendo il Paese, è arrivato ora il momento che tutta la classe politica si interroghi su quanto (non) è stato fatto finora per far ripartire produzione e occupazione e si assuma responsabilmente l'onere di prendere iniziative concrete per risolvere la grave situazione economica, senza ulteriori lungaggini e perdite di tempo. Occorre, però, che contemporaneamente nuovi protagonisti si affaccino sulla scena politica italiana in modo da creare una nuova classe dirigente che, con serietà, trasparenza e onestà, spinta dalla ricerca del bene comune e non dell'interesse personale, possa realizzare quel riformismo della politica che tutti noi auspichiamo. E facciano attenzione a non seguire l'esempio di Icaro che, per voler salire troppo in alto, contrariamente ai saggi avvertimenti del padre, si avvicinò talmente tanto al sole che il calore di questo sciolse inevitabilmente la cera delle penne che lo sorreggevano, facendolo precipitare in mare. Ritengo che anche la sentenza della Cassazione bruci e a qualcuno abbia fatto fare la fine di Icaro.  

giovedì 1 agosto 2013

Esistenza e libertà

“Una società, che pretende di assicurare agli uomini la libertà, deve cominciare col garantire loro l’esistenza.” . Così scriveva, anni fa, Leon Blum, critico letterario e teatrale nonché uomo politico. Il che significa, non solo sfamare gli stomaci, ma altresì assicurare uguaglianza, dignità, cultura, sviluppo, diritti e doveri, solidarietà. Una libertà, infatti, astratta e slegata da una seria politica sociale è semplicemente e unicamente un mito. Ebbene, una notizia dell’ultima ora non può non suscitare in noi sdegno e indignazione, sempre che tali sentimenti non siano già stati sopraffatti da una più che umana rassegnazione. Fatto è che un eurodeputato di Strasburgo, tra stipendio base, diarie, bonus, indennità giornaliere e di trasferta, guadagna circa 215 mila euro contro una media di circa 22 mila di un impiegato. Vale a dire circa l’880% in più. Ma in compenso ci dicono che siamo liberi.