mercoledì 14 ottobre 2015

LA "TERZA INTIFADA" NON SI FERMA. LA RISPOSTA DI ISRAELE

Israele, ferita aperta nel cuore del Medio Oriente. Continuano senza tregua gli scontri tra israeliani e palestinesi in quella che Hamas ha definito la “terza Intifada” o “Intifada dei coltelli”, a sottolinearne la violenza e le atrocità.
Una storia che sembra ripetersi e che vede la lotta per il territorio al centro della contesa, talvolta mascherata da motivi ideologici e religiosi. Da Gerusalemme alla Cisgiordania passando per la moschea di Al Aqsa, come la chiamano i musulmani o Monte del tempio, come lo definiscono gli ebrei, le ondate quotidiane di attentati non accennano a fermarsi destando allarme altissimo nell’intero Stato.

68 agenti feriti da pietre o bottiglie incendiarie, 300 arresti di palestinesi o arabo israeliani, di cui oltre la metà sono minorenni, 1300 feriti palestinesi, diverse decine di persone uccise: questo finora, il bilancio dello stillicidio di una battaglia che né gli uni né gli altri possono permettersi. Tra le misure di emergenza messe a punto dal governo israeliano per arginare le violenze palestinesi ci sono la decisione di non consegnare i cadaveri degli attentatori alle rispettive famiglie e l’ordine di inviare sei compagnie di soldati nelle maggiori città di Israele per accrescere il senso di sicurezza nel Paese. Imposta inoltre a Gerusalemme “la chiusura delle zone di scontri e incitamento alla violenza”, ha annunciato l’ufficio del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.
 Atteso John kerry, segretario di Stato degli Usa, storici alleati di Israele, il quale ha annunciato che presto sarà in Medio Oriente per cercare di riportare la calma.

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