Ad una settimana dal discorso del leader russo alle Nazioni Unite,
L'Europa sembra stordita dalla veemenza dell'intervento di Vladimir
Putin.
La stessa Europa che ha, più di tutti, interesse nella stabilizzazione
della situazione in medio oriente, così come in Libia e Tunisia. E fa
di certo effetto constatare il fatto che sia proprio Mosca a porsi in
prima fila quale garante della stabilità a partire dalla Siria,
contendendo, nemmeno troppo velatamente, tale ruolo agli USA.
Naturalmente sono tali gli interessi russi affinché Assad resti,
saldamente, al suo posto che l'urgenza di un intervento pacificatore
nella regione, diviene l'opportunità di salvare capra e cavoli.
Un'opportunità che Putin, a tutti i costi, non intende lasciarsi
sfuggire. Sì, perché se i raid russi contro l'opera destabilizzante
dell'ISIS sono propedeutici alla fine dei flussi migratori, in uscita
dai paesi martoriati dalla guerra civile, ed alla stabilizzazione
dell'area, il ritorno d'immagine della potenza pacificatrice è tale per
cui Mosca si possa candidare ufficialmente a guida mondiale in
concorrenza con gli Stati Uniti d'America.
Da qui la critica, feroce, di
Putin alla politica estera Statunitense e la mano tesa all'Europa, che
ora inizia a riflettere davvero.
Una presa di posizione notevole di Mosca, che continua ad affascinare
grazie alla propria capacità di resistenza alle sanzioni, non proprio
indubbiamente imposte, e altresí a rilanciare la propria azione,
approfittando del momento di impasse dei paesi europei e scagliandosi,
più o meno direttamente, contro il proprio storico rivale nella
geopolitica.
Il dado, del quale da tempo si attendeva l'esito, è ora tratto.
L'Europa deve ora decidere con chi stare. Già a rischio nella propria
integrità, sotto la spinta di due poli di tale attrazione potrebbe
acuirsi il processo disgregazionista. Il rischio di un ritorno alla
guerra fredda è ora, più che mai, reale.
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