venerdì 13 settembre 2013

Imprenditori all'ingrasso

Ora, nessuno vuole mettere in dubbio che gli imprenditori, mettendo a disposizione i propri capitali, espongono se stessi e le loro aziende ad un potenziale rischio d'impresa, ancor più serio oggi alla luce dell'attuale grave crisi economica che stiamo attraversando. Com'é altrettanto indubitabile che non è, il loro, un atto di generosità nei confronti della classe lavoratrice, ma rientra perfettamente in un rapporto di lavoro caratterizzato dalla c.d. sinallagmaticità delle prestazioni. Faccio riferimento, ovviamente e soprattutto, alle grandi imprese, quelle cioè in cui il proprietario conosce a malapena il numero dei propri dipendenti e cosa fanno, preoccupato, com'é, di incrementare a dismisura i già lauti profitti, magari indirizzandoli fraudolentemente all'estero o evadento le tasse. Se poi l'azienda é zeppa di amianto da decenni, senza che si sia fatto nulla per metterla in sicurezza, e può causare la morte di qualche decina di persone, cosa importa? Se poi ogni tanto esplode qualche altoforno o qualche cisterna e i lavoratori saltano in aria, pazienza! Pecunia non olet. Ma non basta. Alcuni di questi signori si permettono anche il lusso di far perdere il posto di lavoro a 1.400 dipendenti, mettendo sul lastrico altrettante famiglie, ricattando, con questa decisione, lo Stato che, attraverso la magistratura, ha avuto l'ardire di sequestrare parte della loro immensa ricchezza. "Dolce è, quando i venti sconvolgono le acque nel vasto mare, contemplare da terra l'altrui gran fatica - scriveva Lucrezio De Caro nel De rerum natura - Chiusi nel nostro benessere, osserviamo con distacco gli altri annaspare".

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