lunedì 10 novembre 2014

MONCLER: ALTRO CHE MADE IN ITALY!

Recentemente, l’inchiesta condotta da Report su Moncler, noto marchio di abbigliamento di lusso, ha suscitato un vero e proprio shock negli spettatori e nei consumatori devoti dei piumini d’oca di Mr. Moncler. La sintesi: oche spennate vive fino a quattro volte l’anno…con la possibile problematica della lacerazione della pelle, ricucita lì per lì alla buona con ago e filo. Eppure la normativa europea spiega chiaramente che per poter raccogliere il piumaggio dell’oca, bisogna seguire una tipologia di pettinatura che non provoca stress e dolore agli animali. Per quanto le riprese siano state cruente, e abbiano messo in risalto l’attività brutale che si cela dietro la fabbricazione di un semplice cappotto, è spontaneo chiedersi se in molti si siano svegliati solamente adesso. Adesso che la verità è sotto gli occhi della moltitudine. Cerchiamo di essere seri, scandalizzarsi per il maltrattamento subìto dalle oche, è un po’ come rimanere shockati nel mangiare una fiorentina e vedere le nefandezze che avvengono all’interno dei macelli. Sono anni ormai che girano testimonianze sui metodi adottati nella vivisezione, nei macelli, ecc.. eppure c’è chi continua a mangiare carne, adducendo perché ‘è buona’, e poi resta sconvolto quando osserva come mucche e maiali vengono sgozzati in modo barbaro. Chiaramente, ognuno nella vita è libero di scegliere il proprio stile di vita, cosa mangiare, ecc., pertanto il suddetto discorso non vuole porsi come un attacco, ma spesso e volentieri ci si trova davanti a persone ‘scese dalla montagna del sapone’.
E così è stato per il caso Moncler, nel momento in cui è stato gettato in faccia agli amanti del marchio che i loro amati capi di abbigliamento sono frutto di atroci sofferenze. Beh, non ci voleva di certo uno scienziato per farsi due conti! Ma purtroppo, davanti al lusso, non c’è ragione che tenga, l’importante è poter conservare il proprio “status” e se poi qualcuno ne deve soffrire, a nessuno tange. Per inciso si tratta oltretutto di un ‘lusso’ Made in Moldova, altro che Italy! Eh si perché non solo si configura il maltrattamento animale, ma anche la produzione di quello che dovrebbe essere un marchio rigorosamente italiano, che in nome del profitto e del risparmio sui costi di produzione, ha trasferito la sua filiera all’estero. Infatti se un capo in quel dell’Est costa solo 30/45 euro, in Italia il prezzo sale alle stelle fino ad arrivare anche a 1000 euro! Che poi, vale proprio la pena dover sborsare cifre da capogiro solo per poter ostentare un giubbotto!? Oltretutto si tratta di uno schiaffo morale per tutte quelle famiglie che ora in tempo di crisi non riescono ad arrivare a fine mese. A quei disoccupati che hanno perso il lavoro, ai giovani che probabilmente nemmeno ne vedranno uno. Trasferire una fabbrica italiana all’estero potrà portare vantaggi fiscali, ma porta invece numerosi svantaggi per gli italiani che per l’ennesima volta si sono visti rubare la possibilità di lavorare per un marchio italiano, potendo quindi assicurare sicurezza e continuità al Made in Italy, oggi troppo spesso imitato (male). La crisi ha senza dubbio messo in ginocchio molte imprese, complice anche una tassazione troppo elevata, ma se ogni imprenditore agisse per vie più facili di altre non solo scomparirebbe la qualità italiana che da sempre si è contraddistinta nel settore della moda, ma anche la possibilità per i nostri connazionali di poter lavorare ed essere fieri di poter rappresentare un paese che nulla avrebbe da invidiare ad altri per bellezze, prodotti e qualità di questi. Un tempo si diceva che un diamante è per sempre… con i prezzi Moncler, oggi un giubbotto è sulla strada giusta per diventare per sempre… forse...

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