Il popolo irlandese ha detto si,
i matrimoni gay “s’hanno da fare”! Una vittoria, quella dei favorevoli, che con
il 62,1% dei voti hanno segnato una svolta epocale in uno dei Paesi più
cattolici d’Europa. E come lo stesso arcivescovo di Dublino, Diarmuid
Martin, ha affermato, la Chiesa deve iniziare a fare i conti con la realtà, in
quanto è in atto una vera e propria rivoluzione sociale. Ma quando e come
questo mutamento ha avuto inizio? Probabilmente da molto, anche se nel frattempo
qualcuno si è rifiutato di guardare in faccia il cambiamento. Si
tratta a tutti gli effetti di un cambio di rotta particolare, se pensiamo che
dal 2010 nell’isola di smeraldo era attivo l’istituto delle unioni civili per
le coppie omosessuali. Quest’ultimo conteneva al suo interno la bellezza di 160
differenze giuridiche rispetto al matrimonio, che inevitabilmente portava le
coppie gay ad essere etichettate come persone d'infima categoria all’interno
della comunità. Una situazione questa, che ha visto spesso e volentieri
interventi del legislatore per mettere letteralmente “una pezza” a queste
incresciose differenze. Eppure ad aprile 2015, nonostante ciò, attraverso il Children
and Family RelationshipsAct, si era già deciso di estendere le adozioni anche a
gay e lesbiche. E l’Italia? Al momento sta a guardare e in silenzio.
L’Irlanda
ha dimostrato, in soli 5 anni, si essere un Paese nettamente superiore rispetto
al nostro, dove ancora ci si interroga sulle unioni civili attraverso il
riconoscimento dei diritti minimi, diversi da quelli derivanti dal matrimonio.
Da noi si pensa invece ad un disegno di legge, ancora al vaglio, composto da
4.320 emendamenti. Fra questi, si apprende che “Due persone dello stesso sesso
(purché non sposati ovvero accompagnati, nemmeno all’estero o per altro
ordinamento riconosciuto dall’ONU) costituiscono un’amicizia civilmente
rilevante quando dichiarano di voler fondare tale unione a mezzo reciproca
raccomandata con ricevuta di ritorno in plico, ovvero a mezzo posta elettronica
(eventualmente certificata) inviata per conoscenza all’Ufficiale di Stato civile
della residenza di entrambi i concubini.” L’assurdità di tale affermazione non
poteva che essere stata partorita da tale Giovanardi. Questo ci tocca, una
politica vetusta e retrograda che continua a negare la dignità a persone
volutamente marchiate di serie B, e che con la sua lentezza burocratica perdura
nel boicottare tali unioni.
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