Le velleità autoritarie del presidente
turco Erdogan sono state bloccate e rispedite al mittente. Protagonisti della svolta delle elezioni di
domenica scorsa in Turchia sono i Curdi. L'Hdp, il partito filocurdo, sfonda la
soglia di sbarramento, ottiene il 13 per cento ed entra, per la prima volta
nella storia turca, in parlamento con 79 seggi, portandosi con sé ben 31 donne.
Tutti in piazza a festeggiare. Tutta la notte. Libertà, svolta democratica, diritti e pace sono le parole d'ordine del partito curdo. Concetti opposti alla politica
perseguita fino ad oggi dal tre volte presidente Erdogan, legato al partito
filo-islamista Akp. Svegliatosi, all'indomani delle elezioni, con tre milioni
di voti e 71 seggi in meno rispetto al 2011, perdendo la maggioranza assoluta. Il
grande sconfitto dunque. Il vento del cambiamento arriva anche in
Turchia. Lo chiedono i giovani, quelli che sono stati duramente repressi dal
regime in piazza Taksim. Non sono i soli. Ci sono quelli della rivolta di Gezi Park. Le donne, che per Erdogan dovrebbero sforzarsi di non sorridere, e che ora invece saranno
in parlamento a fargli opposizione. I curdi, quel popolo protagonista dei
combattimenti contro l'Isis, che con determinazione si è ripreso Kobane, che
stava per cadere sotto lo Stato islamico. Quel popolo che non ha mai ricevuto
supporto dal presidente turco in questa lotta di liberazione. E che, anzi, gli
ha voltato completamente le spalle.
Un presidente, Erdogan, da 11 anni al
potere, che ha provato ad espandere con ogni mezzo le proprie mire
dittatoriali. Portando all'assurdo 10 per cento la soglia di sbarramento per
entrare in Parlamento. Ma a poco è servita in queste ultime elezioni, con i
curdi che l'hanno comunque sfondata. E soprattutto palesando la propria volontà
di modificare la costituzione in senso presidenzialista/dittatoriale. Ma anche
qui ora ha fallito, perché per fare ciò serve la maggioranza
assoluta che non ha più. La prossima questione da affrontare è la
governabilità. Nessuno ha ottenuto la maggioranza assoluta. E, come lo stesso
Erdogan ha ammesso, senza questa, un partito da solo non può governare. Servono alleanze
dunque. I partiti in gioco sono Akp (di Erdogan), Hdp (del curdo Demirttas),
Chp (eredi di Ataturk sostenitore di una Turchia laica e filo-occidentale) e
Mhp (la destra nazionalista). La strada è dura. Ma, con un'affluenza alle urne
record dell'86.49 per cento e i risultati ottenuti, la lezione di democrazia è
innegabile. Anche per l'Italia. È la dimostrazione che, quando le
forze politiche si candidano scontrandosi con i modelli precostituiti e si
propongono come davvero alternative, le persone vanno a votare, partecipano. E
si fanno protagoniste del cambiamento.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento