Torunée
italiana, con tanto di cittadinanza onoraria a Livorno, per l'uomo che sta
rivoluzionando il modo di fare e comunicare la politica nel mondo: Jose 'Pepe'
Mujica. Ex-presidente dell'Uruguay, ora senatore. Ex militante
marxista-leninista nell'organizzazione Tupamaros, marito della compagna di
lotta politica Lucia Topolansky, sempre al suo fianco. Di origini piemontesi, prigioniero per 30 anni nelle carceri uruguayane a causa della
sua lotta politica, contadino: queste le diverse vesti di una persona che, in tutti i ruoli coperti nella sua vita, ha abbracciato
sempre la filosofia della semplicità. Muro portante del suo concetto
di libertà e passione, il
mondo si è accorto di lui, di quell'uomo così distante del vecchio modo di fare
politica. Ha rinunciato al 90 per cento del suo stipendio da presidente in
favore della classi povere del suo paese. Vive con 1.250 dollari al mese, nella
sua modesta casa nella campagna uruguayana, dedicandosi alla vita rurale (anche
da presidente ha continuato a fare il contadino). Tra le sue battaglie e
decisioni politiche, la 'legalizzazione' della marijuana, basando la sua scelta
su un serio e concreto ragionamento: “Non ho legalizzato la marijuana perché fa
bene. Renderne legale la
vendita e il consumo significa lottare contro il narcotraffico. Non c'è cosa
peggiore del narcotraffico. E a quest'ultimo io preferisco la marijuana”. Con
queste parole ha giustificato la sua politica pochi giorni fa a Roma, in
occasione dell'evento di presentazione del libro “La Felicità al Potere”. Un
Mujica a ruota libera su diversi temi di politica nazionale e internazionale, dalla legalizzazione al suo attuale ruolo di mediatore nei conflitti che
attraversano l'America Latina. E poi l'economia globale, la necessità di classi
dirigenti competenti e preparate come unica soluzione alle molte sfide
mondiali. E poi ancora l'attuale problema migranti su cui il senatore è stato
lapidario: “quelli che cercano di attraversare il mediterraneo in questo
periodo sono poveri dell'umanità. Questa
catastrofe è un problema del mondo, di tutti noi”. Incalzato poi dalle domande
di Milena Gabanelli, intervistatrice d'eccezione assieme a Roberto Saviano,
Mujica parla anche della sua concezione del ruolo dello Stato per un paese e su quanto sappia competere con l'impresa privata. E
solo ascoltando le sue parole si comprende appieno che mente illuminata
quest'uomo sobrio e semplice possieda.
Forse discorsi troppo grandi e utopici i
suoi. Ma lui stesso svela il segreto del suo ragionamento e del suo operato
come uomo e come politico: "Da giovane pensavo che dovevamo
cambiare il mondo. E continuo tutt'ora a pensarlo. Ma ora credo che prima di
tutto dobbiamo cambiare noi stessi. Perché se
non cambiamo la nostra testa e il nostro cuore, non cambierà assolutamente
nulla. E si cambia poco alla volta. I cammini sono importanti. Le decisioni, le
scelte. Anche se sbagliate. L'importante è agire e imparare dai propri errori,
non ripetendoli più. Perché è impossibile non sbagliare”. Persino
l'algida Gabanelli si è mostrata commossa e anche impacciata di fonte alla
presenza del senatore uruguayano. Non ci sono più dubbi, il fenomeno Mujica è
scoppiato. Forse a causa del tremendo bisogno di onestà e di ripensare tutto il
nostro mondo, le leggi e le menti che lo governano. La sola speranza a questo
punto è che, quando il momento Mujica sarà passato, non restino solo strascichi
di utopia, che non sia solo un nuovo tormentone dei tempi moderni destinato a
tramontare.
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