mercoledì 17 settembre 2014

L’ASSURDA MORTE DI DAVIDE BIFOLCO

Sedici anni. Il sorriso negli occhi e la speranza nel cuore. Chi non ha fatto almeno una bravata a sedici anni. Molto dipende dal luogo in cui si vive. Se si vive a Napoli, è quasi normale andare in motorino senza casco. In tre in motorino senza casco equivale a fare una bravata, una bravata che mischia alla goliardia il brivido del rischio. Napoli, una città difficile in cui tutti sono sul ‘chi vive’, in cui “sbagliare persona” quando si uccide è quasi tollerato. I camorristi sbagliano persona. I carabinieri sbagliano persona. Se fai una bravata e vai in motorino senza casco con due amici, e sei molto giovane, vedi un posto di blocco e non ti fermi. Parte un inseguimento. Parte un colpo. Muori a sedici anni.

La versione ufficiale narra un far west in cui carabinieri giusti sbagliano persona, scambiando un sedicenne per un camorrista, e sparano per legittima difesa. Testimoni oculari dicono che il carabiniere ha puntato al cuore e sparato da vicino, ammanettando il ragazzo caduto a terra in preda agli spasmi. I risultati dell’autopsia dicono che il colpo è partito frontale, dritto al cuore, a un metro e mezzo di distanza. Secondo la Corte di Strasburgo, le indagini su questi casi dovrebbero essere svolte da un corpo militare non collegato a quello di cui fa parte l’imputato, ma in Italia di solito avviene il contrario. Altra voragine si apre se parliamo della formazione e della professionalità degli agenti: avere una pistola non equivale a poter sparare. Ma ciò che resta di tutto questo è soltanto il sapore amaro di una giovane morte, assurda e incomprensibile.

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