lunedì 15 settembre 2014

QUANDO LO SPORT NAZIONALE ITALIANO DIVENTA IL FEMMINICIDIO: IL CASO DANIZA

Un titolo volutamente provocatorio, ma non tanto lontano dalla realtà. Negli ultimi giorni il caso Daniza, la mamma orsa che ha aggredito un uomo per proteggere i suoi cuccioli, è rimbalzato ovunque sia su Internet che su numerose testate giornalistiche. Innumerevoli i commenti, da chi si dice addolorato per la scomparsa dell’orsa a chi ha “finalmente gioito” che sia stata tolta di mezzo e messo a tacere il problema. Mamma orsa è morta a causa del sedativo che doveva “addormentarla” per poter essere catturata: tragica fatalità o morte voluta mascherata? Il fatto che da diverso tempo vi siano problematiche tra favorevoli e contrari al collegamento funiviario tra Pinzolo e Madonna di Campiglio, inaugurato lo scorso anno dopo altrettanti dieci di polemiche, e che la zona in cui il cercatore di funghi è stato aggredito (che poi il buon senso dovrebbe prevalere in questi casi, anche i bambini sanno benissimo che in presenza di un orso l’ultima cosa da fare è scappare) è proprio lì vicino, mette ampiamente in risalto l’interesse economico di albergatori e operatori turistici. Intendiamoci, questi ultimi rappresentano una grande fetta di elettorato che andava accontentata, non c’è purtroppo da stupirsi se alla fine vale di più assicurarsi un voto piuttosto che una vita. Perché il problema è questo, la vita.

Daniza era prima di tutto un essere vivente, una mamma, e aveva il sacrosanto diritto di difendere la propria prole. D’altra parte noi umani non faremmo lo stesso in una situazione di pericolo? Se qualcuno provasse a minacciare la nostra famiglia, mogli, figli, ecc., reagiremmo o lasceremmo il malintenzionato di turno fare il bello e il cattivo tempo sulla pelle di chi amiamo? Ci opporremmo con ogni mezzo! Eppure reagire è bastato affinché si decidesse la via più drastica possibile, abbatterla. Perché oggi l’essere femminile non può alzare la testa e controbattere, gli arcaici rimedi di uccidere la donna che si erge, che va contro il consenso paterno o maritale, che fa valere le sue ragioni o semplicemente protegge la famiglia, sono in atto oggi come allora. Basta ripensare ai troppi fatti accaduti di recente. La donna (e i figli) uccisa dal marito che voleva tornare “libero”, quella assassinata perché non consenziente a convertirsi all’Islam, l’altra freddata perché non accetta la separazione, ecc., sono tutte figlie di una barbara violenza per mano dell’uomo. Solo nel 2012 i casi di femminicidio sono stati 124 in Italia, e i tentati omicidi di donne 47. Perché ormai sembra essere diventato uno sport, e a livello nazionale. Perché, apparentemente, per molti (anche politici), sembra essere diventata la via più breve e diretta per togliersi di mezzo situazioni scomode. La vita è ormai un valore di poco conto, sia essa umana che animale, e a nulla vale sensibilizzare l’opinione pubblica. L’umanità appare insensibile davanti alla violenza diventata, disgraziatamente, cosa di tutti i giorni che non smuove più la coscienza altrui. Il problema reale, invece, è che quello che davvero ci manca è una buona dose di civiltà che dovrebbe primeggiare e condurci sulla retta via dell’agire. Civiltà nell’interagire fra le persone e affrontare le situazioni, civiltà nel preservare il bene comune, come la natura che presto o tardi ci chiederà il conto. Quel senso di civiltà che probabilmente non ci apparterrà mai.

Nessun commento:

Posta un commento