mercoledì 30 aprile 2014

APPLAUSI

Ci sono applausi che lasciano senza fiato. Applausi che emozionano, ci emozionano. Ci sono, poi, applausi che fanno gelare il sangue, “terrificanti, che fanno rivoltare lo stomaco”, per dirlo con le parole della mamma di Federico Aldrovandi. Era la notte del 6 Luglio 2009, Federico tornava a casa dopo una serata con gli amici. Qualche ora dopo un medico legale ne constatava la morte. Tre gradi di giudizio stabiliscono che è stata causata da quattro poliziotti che hanno ecceduto “nell’uso legittimo delle armi”. Da quel giorno il povero ragazzo non ha avuto requie. Tirato in ballo da politici tanto accorti alla simpatia di qualche parte da non disdegnare l’idea di guadagnarsela sulla pelle di un morto. Sul suo ricordo. Sulla sua onorabilità. 


Ieri si è consumato l’ultimo (speriamo!) atto della tristissima vicenda. Un congresso di poliziotti si è trasformato in passerella per tre dei quattro condannati in via definitiva. Cinque minuti di applausi. Cosa abbiano fatto non ci è dato saperlo. Se un ventenne morto è qualcosa di cui andare fieri, allora sì, sono degli eroi. Se, invece, fosse più opportuna la vergogna, dovrebbe regnare il silenzio. Quel silenzio che permette a una madre di piangere un figlio che non ha più. Cali il sipario su questa storia, ma, come si addice ai finali tristi, il pubblico resti immobile, senza applaudire, in attesa di un nuovo atto che possa dare giustizia al poveretto.


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