venerdì 20 marzo 2015

IL VERO VOLTO DI NETANYAHU

Benjamin Netanyahu è stato rieletto primo ministro israeliano. Il Likud, partito di centrodestra di cui è segretario dal 2005, ha conquistato 30 dei 120 seggi della Knesset, il parlamento israeliano. Un risultato inaspettato per il nuovo (ex) premier che sondaggi ed exit poll davano per sconfitto per mano della coalizione di centrosinistra, Unione Sionista, guidata da Isaac Herzog, e attestatasi a 24 seggi. Ottimo risultato anche per la Lista araba unita che ne ha ottenuti 14. Una cifra record per il partito che, tuttavia, resterà all’opposizione. Una riconferma quella di “Bibi” che non è foriera di buone notizie, frutto di una campagna elettorale incentrata sulla negazione totale del riconoscimento della Palestina e sulla sicurezza di Israele. Netanyahu ha dichiarato apertamente, per la prima volta, che non permetterà la nascita di uno stato palestinese, rinnegando gli impegni presi con i partner europei e con Washington; ad urne ancora aperte poi, ha esortato gli ebrei israeliani a recarsi a votare, visto che gli arabi si erano riversati in massa alle urne. Una mossa che ha imposto alla popolazione ebrea di considerare i musulmani alla stregua di nemici.
Mantenendo queste premesse, Israele rischia seriamente l’isolamento diplomatico, sia con l’Unione Europea, che ha riconosciuto la Palestina, sia con gli Stati Uniti, per la questione del disarmo nucleare dell’Iran: lo scorso 3 marzo, davanti al congresso statunitense, Netanyahu ha affermato infatti che Israele avrebbe agito militarmente anche da solo, in caso di un accordo USA-Iran ritenuto pericoloso per lo stato sionista, provocando una frattura di fatto insanabile con l’amministrazione Obama. Posizioni nazionaliste ed estremiste che rischiano di far saltare i fragili equilibri di un’area geografica resa già instabile dalla presenza del Califfato jihadista dello Stato Islamico, tra Siria e Iraq. Un ostacolo in più questo, che rende ancora più impervia e angusta la strada verso la distensione.

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