lunedì 9 marzo 2015

NON CI PIACE PROPRIO IL NOSTRO PATRIMONIO ARTISTICO

Chi di noi non è mai passato per via Palmiro Togliatti e ha potuto ammirare l’acquedotto Alessandrino passando sotto i suoi archi. Un’opera risalente al 200 d.C. e realizzato dall'Imperatore Alessandro Severo, un pezzo di storia che attraversa uno dei quartieri più popolari di Roma. Ebbene da tempo immemore, il reperto è base per lucciole, gigolò, giri loschi e ora anche “tela” per i writers. E di giorno si contano i resti di notti di sesso, immondizia, erbacce e ora anche scritte, peraltro ingiuriose. Una situazione di degrado che ha portato gli abitanti del quartiere all’esasperazione nel vedere l’ennesimo scempio al nostro patrimonio archeologico. Tanta indignazione per i tifosi olandesi (che sia chiaro, non sono affatto scusati) quando poi ci teniamo in casa, e facciamo fare della nostra storia il bello e cattivo tempo, vandali e delinquenti. E se indignarsi per la Barcaccia era giusto in quanto opera posta nel pieno centro della città, perché il Comune non si indigna anche per questi scempi?!
Basti pensare che nel 2003 l’acquedotto aveva subito un intervento di restauro da parte della Sovraintendenza ai Beni Archeologici, e poi lasciato in balia del tempo e dei devastatori. Lentamente anche Ama, Servizio Giardini e la polizia hanno poi abbandonato il servizio di vigilanza della zona. Ma finché si tratta di mantenere la facciata di città pulita e ordinata in centro (in maniera altamente discutibile), sembra vada tutto bene, quando poi a scontare problemi di sicurezza e degrado sono le zone più periferiche, i cittadini vengono inesorabilmente abbandonati a loro stessi.

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