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indagati. 4 arresti. 100 perquisizioni. Un giro di 25 miliardi sui lavori
pubblici. Dalla Tav all'Expo. Favori e tangenti. È questo il sistema Grandi
Opere firmato Italia. Un'inchiesta della procura di Firenze, partita proprio
dal nodo fiorentino dell'alta velocità, ha portato all'arresto del dominus
totale delle infrastrutture: Ercole Incalza, detto “Ercolino”. L'uomo che ha
visto passare sotto le sue mani tutti i governi, a partire dal 2001, che ha
subito 14 procedimenti penali, molti dei quali finiti in prescrizione. L'uomo
che, sino al 31 dicembre 2014 era capo indiscusso della missione tecnica in
seno al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, e che tutto decideva.
Secondo l'accusa, il ministro Lupi era solo una marionetta nelle sue mani, al
punto da costruirgli ogni anno un bando su misura, per riconfermarlo a capo
della missione. L'uomo che Lupi ha sempre difeso, anche in parlamento, quando
un'interrogazione dei Cinque Stelle ne chiedeva le dimissioni. Colui che oggi si trova in
carcere, con l'accusa di corruzione e tentata concussione nel giro di
quell'associazione a delinquere che per 15 anni ha gestito gli appalti delle
opere pubbliche – si legge nelle pagine dell'ordinanza del gip Angelo Pezzuti.
Un sistema collusivo che avrebbe fatto esplodere i costi delle opere,
producendo enormi profitti illeciti. Grazie anche ad “amici facilitatori” come
Stefano Perotti, figlio dell'ex direttore generale dell'Anas, Massimo Perotti,
ingegnere e socio di Incalza nella società Green Field Syetem.
Asso pigliatutto
nelle direzioni dei lavori che “Ercolino” imponeva ai general contractor delle
Grandi Opere. Come ad esempio l'AV Firenze-Bologna, dove la società di Perotti ha
incassato 70 milioni di euro, facendo lievitare il costo dell'opera del 40 per
cento. Nulla di nuovo purtroppo. Da anni indagini sul sistema appalti nei
lavori pubblici si susseguono. La domanda oggi è: dove è finita quell'urgenza
di approvare una legge anticorruzione che dovrebbe far calare un sipario sul
sistema collusivo che per anni ha incatenato il nostro Paese? Quella legge
tanto voluta e proposta dal presidente del Senato Pietro Grasso? Da due anni
attende, ferma in commissione, di essere discussa e approvata. Intanto, le
indagini e gli arresti sui grandi manager collusi con la politica, proseguono.
E i ministri, intercettati in questo girone infernale fatto di corruzione,
favori, tangenti e facilitazioni, scansano imperterriti le dimissioni, che in
un Paese normale sarebbero considerate scontate.
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