venerdì 21 marzo 2014

IL SOGNO EUROPEO DELLA TURCHIA ALLA DERIVA

Solo pochi anni fa, la Turchia - paese che non ha ancora ufficialmente riconosciuto le sue responsabilità riguardo il genocidio armeno degli anni 1915-16 - premeva per entrare in Europa. Lo voleva Erdogan. Lo voleva la stessa Europa.  L'ingresso della Turchia fu fortemente voluto dagli Usa, dalla Gran Bretagna e dall'Italia berlusconiana. Con la Turchia in Europa, gli Usa, per esempio, avrebbero un paese strettamente alleato e pronto a seguire le indicazioni della Casa Bianca dentro agli organi dirigenti dell'Unione europea.
Così, il 3 ottobre 2005 - con le riserve di Austria e Cipro - iniziarono i negoziati di adesione, condizionati al riconoscimento da parte turca della repubblica cipriota, all'abbandono dell'occupazione militare della parte settentrionale dell'isola e alla continuazione nel processo di riforme nel campo del diritto e delle libertà civili.

Tuttavia nel corso di questi ultimi anni, il Primo ministro Erdogan, ha preso una una traiettoria che difficilmente porterà la "Sublime Porta" verso l'Europa. Anzi. La deriva autoritaria della Turchia, prima con la sanguinosa repressione delle proteste di Piazza Taksim e ora (proprio oggi) con la chiusura di Twitter da parte dell'Autorità per le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (dopo la denuncia dello scandalo di corruzione nel quale è coinvolto il Premier), rischia di allontanare definitivamente il paese dal sogno Europeo.
Il mese scorso Erdogan aveva già minacciato di bloccare Facebook e Youtube. Forse l'UE e l'Occidente in generale sono stati troppo frettolosi nel pensare a un'Ankara europea. Le ultime vicende mettono sotto i riflettori un paese ancora troppo distante dalla cultura occidentale. Un paese che ancora deve crescere. Quindi cerchiamo di lasciar perdere la geopolitica - la Turchia ha una posizione geografica del tutto particolare e interessante: è un ponte tra l'Europa e il Medioriente - e aiutiamo il paese a crescere, davvero. 

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